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San Sebastiano Patrono dei Vigili Urbani.
Il patronato del Corpo dei Vigili Urbani è stato attribuito a S. Sebastiano per la sua ritenuta appartenenza ad una cohortes della milizia di Roma. Il Santo, infatti, secondo quanto raccontato dalla Leggenda Aurea, “una volta trasferitosi in questa città dalla sua natale (Milano o Norbona), divenne così amato dagli imperatori Diocleziano e Massimiano, che questi gli affidarono il comando della prima coorte”, cioè dei pretoriani.
Scarse sono le notizie storicamente fondate che si possiedono su s. Sebastiano. La Depositio Martyrum del sec. IV d. C. e una annotazione del commento di S. Ambrogio (340 ca. - 397) al Salmo 118, informano soltanto del nome, della provenienza milanese, del luogo del martirio e della sepoltura in catacumbas - avvenuti alla fine del sec. III se non proprio agli inizi del successivo -, della festività liturgica fissata da antica data al 20 gennaio.
Più ricca, articolata di episodi e particolari biografici è, invece, la Passio nella quale, però, come spesso accade in tali contesti, ben poco può essere ritenuto attendibile, nonostante la «storia» del Santo sia stata compilata in data alquanto meritoria - intorno alla metà del sec. V, quando la memoria del soldato cristiano poteva ben essere ancora viva - e che l’autore mostri un’ottima conoscenza della topografia di Roma.
S. Sebastiano, si narra, nacque a Milano da famiglia narbonese. La madre era milanese e il padre un alto funzionario romano della Gallia meridionale. Desideroso di ricevere il martirio, si trasferì“ a Roma ove si arruolò nei pretoriani. Prestando servizio con fedeltà e lealtà, raggiunse alte cariche militari che gli permisero di svolgere, per molto tempo, azioni a favore dei cristiani. Li curò in carcere, attese alla sepoltura dei martiri e si dedicò, inoltre, alla diffusione della religione fra nobili e magistrati, con prodigiose conversioni. Questo aspetto della vita del Santo, diviso con la stessa onestà tra il giuramento militare prestato e la sollecitudine verso i sofferenti - o la Verità da loro professata - fu motivo per la Polizia Municipale di acquisirne il patronato. Scoperta tale attività, s. Sebastiano fu condannato: legato nudo a un palo subì il martirio saettato dai propri commilitoni, le cui frecce lo ridussero “come un riccio irsuto” e, creduto morto, il suo corpo venne abbandonato. Irene, una cristiana, accorsa nella notte per recuperare la salma, si accorse di lievi respiri e quindi curò il Santo, dopo averlo trasportato nella propria casa. Una volta guarito, invece di lasciare Roma come lo scongiuravano i compagni di fede, affrontò l’imperatore Diocleziano durante una celebrazione nel Tempio di Ercole. Dopo una prima e prevedibile sorpresa dei presenti, egli fu catturato, frustato a morte e il corpo gettato nella cloaca massima affinché si disperdesse. Lo recuperò Lucina, una matrona, alla quale il Santo era apparso in sonno indicandole il posto in cui era arenato, popolarmente si dice presso l’attuale Chiesa di S. Andrea della Valle. Gli fu data sepoltura, come lui stesso aveva richiesto alla donna, nella catacomba sulla Via Appia “accanto ai resti degli apostoli”.
Una memoria dedicata ai ss. Pietro e Paolo esisteva su questa via già dal sec. III ed è probabile che qui sia stato tumulato il corpo del martire. A questo luogo, famosa meta di pellegrinaggio, si deve la diffusione del culto di s. Sebastiano nell’Europa cristiana. Aumentata in seguito per i numerosi prodigi attribuitigli e soprattutto per l’invocata protezione contro la peste, sperimentata particolarmente a Roma nel 680, come informa Paolo Diacono.
Le pestilenze in passato erano assai diffuse e da ciò si può dedurre il «successo» taumaturgico del Santo condiviso, nella particolare intercessione, con s. Rocco, s. Antonio Abate, s. Cristoforo e i ss. Ausiliatori.
Al di là di ogni possibile contingenza, nella storiografia moderna, si è supposto che, almeno per s. Sebastiano, l’origine di tale patrocinio sia da indicare anche nel suo singolare martirio. La peste, infatti, era ritenuta un castigo divino, così come le frecce ne erano metafora sia nella tradizione greco-romana, sia in quella ebraica, come si può desumere da un brano dell’Iliade (I, 10-60) e dal versetto tredicesimo del Salmo 7.
S. Sebastiano durante il Medio Evo fu eletto protettore di diverse corporazioni, fra cui bisogna almeno ricordare quelle dei mercanti di ferro, degli arcieri e degli archibugieri. E’ possibile quindi che questo legame con le armi abbia, infine, favorito il moderno patronato sui Vigili Urbani.
Giorgio Leone